La caccia alla libertà: Identità Golose 2017

«La caccia alla libertà non finisce mai»: lo dice Christian Puglisi, 35 anni, il secondo giorno di Identità Golose, edizione 2017. Il tema di quest’anno è il viaggio, per «ribadire che tutto quello che consumiamo è frutto di viaggi», dice Paolo Marchi: «tutto viaggia e da sempre: viaggia l’uomo, viaggiano i prodotti, viaggiano le idee».

Puglisi vive a Copenaghen, è nato a Messina, ha lavorato a Parigi e ha da poco aperto Farm of Ideas, una fattoria a 40 minuti di auto dalla città.
 Quando qualcuno gli chiede chi è, se un imprenditore, uno chef, se è italiano, se è danese, lui risponde «io sono solo Puglisi».

È da lui che parte un pensiero:

Se i professionisti di qualsiasi ambito imparassero a vivere e lavorare dagli chef questo sarebbe un mondo più sensato?

Certo, la risposta è: dipende dagli chef, dipende dai professionisti. Ma anche: il viaggio che quest’anno i cuochi e le cuoche hanno raccontato a Identità Golose è auspicabile per qualsiasi persona che voglia migliorare il proprio lavoro e far funzionare le cose.

Ecco come.

1. Uno chef non si definisce quasi mai solo per il territorio da cui parte

A dirlo sono in tanti cuochi che salgono sul palco, anche la più estrema local, come Margherita Valeria Mosca di Wood*Ing: quello che definisce il lavoro che fai non è il ruolo ma quello che incontri nel tuo viaggio.

Che sia il territorio dove ti stabilisci o quello dove sei nato ma non hai mai esplorato: quello che conta è il tempo e la profondità della tua esperienza, e il desiderio di contaminarsi.

Con gli animali del paese in cui vai, con la tecnica del ristorante in cui ti trovi, con i vegetali che si affacciavano sulla tua finestra ma che hai sempre ignorato: i cuochi sono professionisti che evolvono le proprie origini al servizio di una cucina migliore.

I cuochi che fanno alta cucina sono capaci di rivoluzionare il proprio passato, reinventando ruoli e metodi quando incontrano qualcosa di più interessante e utile nei territori dove si fanno esperienza, e per il tempo in cui vivono in quel posto.

Quante cose potremmo imparare, e in maniera diversa, se invece di stare fermi ci facessimo sollecitare dagli attraversamenti, dalle passioni, dalle altrui competenze?

2. Uno chef viaggia e attraversa più paesi, impara ingredienti e tecniche e poi li riporta a casa

È una migrazione che non ha a che fare con la temporaneità di risorse ma con il desiderio di sfruttare le radici per quel che sono: una base da cui evolversi. 
Insomma, ogni tanto restare è più difficile che andare, figurati tornare: però la forza di impacchettare le proprie cose e andare all’estero per capire cosa succede non manca di certo. E poi cosa fai una volta che hai imparato? Una volta che ti sei fatto degli amici, che hai messo insieme uno stipendio? Rimani, no?

No, gli chef ripartono, perché quello che hai appreso viaggiando è il modo più prezioso di mettere a frutto e valorizzare le risorse di partenza. È anche la prova più evidente che casa è un concetto migrante – pure quello. Casa è dove hai gli ingredienti che ti rendono felice, o, nel caso degli chef, dove rendi felici i tuoi clienti.

Se un giorno cambiassimo lavoro e paese, quale diventerebbe la nostra casa? Torneremmo da dove siamo venuti, o costruiremmo uno spazio diverso?

3. Quello che fa la differenza, nel viaggio, è la capacità di ascolto

A dirlo è Antonia Klugmann, partita da Trieste per approdare a Dolegna del Collio (Gorizia) nel ristorante L’Argine a Vencò*: lo dice parlando del territorio a cui fanno riferimento i cuochi, che è un «territorio immaginato e immaginario», fatto di spostamenti e relazioni.

Quello che impari dipende quindi da due cose: la prima è la tua capacità di ascolto, che ti permette di assimilare in maniera attiva e processare solo in un secondo momento.
 Il secondo elemento viene sempre da Puglisi: impari quando smetti di controllare e cominci a provare, perché «chi prova ci riesce sempre».

Deviare dalla propria strada, prendersi una pausa inaspettata, mettersi in ascolto: lo sapete tutti che distrarsi è uno dei modi più proficui per diventare intelligenti?

* Forse l’ho già detto, ma è meglio ribadirlo: se volete festeggiarmi, farmi un grande regalo, portatemi qui, da questa donna che con la sua cucina protegge lo spirito di un posto, e pure il proprio.

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