Vendere senza dominare

Nell’ultimo mese mi è capitato spesso di vedere delle campagne basate sulla dominazione: esplicita, sottointesa, lessicale, visiva. Il risultato sono campagne gradasse, che incontrano – io voglio credere – il favore di chi non frequenta l’alternanza di pro e contro ma è spesso, e con anche una certa stizza, sempre un po’ più contro. Ecco, io pubblicità e campagne così non vorrei mai più vederle.

1. Il panettone Motta

«Per il nostro panettone noi di Motta avremmo potuto usare tofu tritato, papaya, seitan, alga essiccata, e cuocerlo per trenta secondi nel microonde. Invece no! Lo abbiamo preparato seguendo la nostra ricetta, originale dal 1919. Da sempre.» Così recita lo spot.

Siete in molti a parlare della pubblicità del panettone (che prende in giro i vegani, in sintesi) con i toni di chi, alla fine, la trova divertente e anche necessaria per combattere la tracotanza di certe mode. Solo che finisce per essere tracotante egli stesso.

Non ci vedo ironia in questa pubblicità, a meno che non vogliamo considerare l’azione di creare una categoria per poi deriderla come un momento di genio creativo. Se ci allontaniamo un attimo dalla voglia di demonizzare tutti quelli che prendono un gruppo di alimenti e ci fonda una nuova, e passeggera, religione basata su conoscenze superficiali, sono anche vere due cose:

  1. Quel gruppo di alimenti è prima di essere una moda, una scelta, a volte necessaria, per un gruppo di persone che per etica, preferenze, ambizione hanno scelto di eliminare certi alimenti e di sostituirli con altri, ai fini di una corretta alimentazione: non so quanto sia divertente prendere in giro chiunque abbia fatto una scelta alimentare se, guardandoci allo specchio, anche noi che mangiamo il cioccolato, i canditi, le uova abbiamo di fatto effettuato la stessa scelta, solo di taglio opposto. Quindi sì, se prendi in giro i vegani stai dicendo che la loro scelta è ironizzabile perché è diversa dalla tua: a casa mia si chiama supremazia degli stupidi, e mi hanno detto che non è buona educazione sostenerla.
  2.  Quando gli alimenti diventano una moda, si rendono accessibili: senza sindacare su quanto un’alimentazione bilanciata necessiti di bacche di Goji, è vero che oggi bacche, tofu, alimenti per intolleranti siano più disponibili di tre anni fa. Certo, questo ha anche conseguenze negative – pensiamo alla domanda eccessiva di carne rossa e agli allevamenti intensivi, ma per ora prendiamoci il lato buono.

Poi Motta può far ridere molti, solo che scommetto un secchio di canditi che chi della Saatchi&Saatchi leggerà questo post penserà che sono una donna vegana senza senso dell’umorismoAndiamo avanti così, verso una cultura della dominazione a tavola.

2. Il gastrofighetto di Eataly

Eataly quest’anno ha creato un “regalo di carattere”, quattro selezioni basate su quattro attitudini o scelte alimentari: intollerante, sportivo, vegano e gastrofighetto. È stato quest’ultimo a colpirmi e a farmi dire: perché Eataly associa una buona dose di golosità a un’indole negativa?

“Gastrofighetto” credo sia stato coniato da Dissapore, una testata online nata anni fa e da sempre caratterizzata da una buona dose di sarcasmo per poi declinare in articoli di gossip poco eleganti: “deformazione gastronomica di snob, radical chic, champagne socialist, hipster, post-hipster o qualunque altra parolaccia venga in mente” è la definizione che ne dà Dissapore, che ha pure creato un test per scoprire quanto sei gastrofighetto.

Soprattutto, il termine evoca l’ostentazione: compri e mangi quel che consente di esibire uno status sociale. Allora perché chiamare una selezione “Gastrofighetto” a meno che tu non voglia offendere i tuoi clienti? Andiamo avanti così, verso definizioni usate a caso.

3. #GiuliaBeats di Alfa Romeo

Alfa Romeo ha scelto di presentare la nuova Giulia attraverso il coinvolgimento di influencer settoriali, legati ai diversi saper fare del Made in Italy: la nuova auto si distingue per essere elegante, sportiva, innovativa, dal design italiano ed efficiente (approfondite qui, in una pagina che suona come un loop di Azienda leader).

Chi ha curato la campagna della nuova auto ha scelto di ingaggiare dei blogger e influencer per dei brevi video, dal contenuto piuttosto vacuo: a ognuno ha affiancato un momento in cui si intravede la passione / specializzazione del blogger, il resto, a vedere quanto prodotto finora, sono donne belle che guidano un’auto proprio come queste. Una delle protagoniste è Robysushi, una donna appunto molto bella, ed è un peccato che si veda solo questo. Andiamo avanti così, con il binomio donne e motori.

Quindi

Quando all’inizio del post ho usato la parola dominazione l’ho fatto pensando a tutte le situazioni che precedono e impostano il modo in cui vogliamo vendere: possiamo farlo discriminando, tagliando fuori, ricorrendo ai cliché, offendendo. Credendo quindi di essere quella parte del mondo che domina quell’altra parte che “alla fine, dai, un po’ merita di essere dominato”.

La conclusione di questo post la lascio a un altro post, quello di Alessandra su Fatture in Cloud: “Se la tua pubblicità mi fa arrabbiare, se fai battute sessiste o razziste, se nelle tue foto di stock i manager sono tutti maschi e le femmine sono tutte segretarie (con tutta la stima per le segretarie, che spesso sono quelle che mandano avanti le aziende), alla prima occasione ti lascerò”.

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Qui potete vedere lo spot di Motta.

Qui puoi vedere la selezione di Eataly per i gastrofighetti.

Qui potete vedere uno degli spot della nuova Giulia.

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