(Il titolo fa molto anni Ottanta, ma questo post è scritto per chi oggi ha un’idea della rete che è diversa dalla mia).
Il trasloco è finito: ho trovato casa circa un mese e mezzo fa. In due due settimane ho inscatolato tutto, venerdì una ditta ha portato scatole e mobili dalla casa vecchia alla casa nuova e in tre giorni la camera, lo sgabuzzino e la sala hanno un aspetto quasi normale.
Dico spesso che è stato il trasloco meno faticoso dei dieci che ho fatto in vita mia (dieci traslochi, quattro città): non tanto per la fatica fisica – certo, una ditta che suda per te vale mille punti muscoli, quanto per quella emotiva.
L’ultima volta che ho cambiato casa vivevo a Milano nel bilocale di via Lorenzetti, e dovevo venire a vivere a Torino: ho smontato librerie e armadi da sola, fatto scatole, nel frattempo Fabrizio viveva già qui. Ricordo interi pomeriggi passati nel corridoio a piangere: era un periodo faticoso, stavo per lasciare il vecchio lavoro alla Fnac, una città dove avevo vissuto sei anni, dei cari amici e trasferirmi qui dove non conoscevo nessuno.
Rispetto a tre anni fa ho modificato il modo di vivere i cambiamenti, e questo ha influito moltissimo: vivo in una casa che è ancora senza cucina e lavatrice, è sicuramente una situazione di disagio ma non ambisco più alla perfezione e a risolvere tutto prima ancora che sorga il problema. Quindi con calma sto ordinando i vari pezzi e gli elettrodomestici (una cosa è certa: la mia nuova cucina Steel, per cui scriverò un post apposito – orgoglio di mamma), e da dentro le pareti mi muovo per sentire gli odori, percepire le distanze, e capire cosa voglio.
C’è che in questo trasloco non sono mai stata sola: se in fase di inscatolamento non ho voluto una mano è solo perché non ne avevo realmente bisogno. Ho gettato via tante cose, ho avuto il desiderio di portare via solo ciò che avesse un senso per il mio futuro: il passato c’è, ma in pochissimi oggetti.
Sabato è venuta Barbara a casa, e abbiamo montato la libreria Kallax di Ikea in quattro ore, tra invettive, pause, risate: sabato sera sono andata a cena dai suoi suoceri, che abitano a pochi metri da me, e ho mangiato due piatti di pasta con la fame dei traslocatori. Domenica è venuto il mio amico Giacomo, che ha montato il mobiletto di acciaio e vetro del bagno, e il Pax che utilizzo come scarpiera: nel pomeriggio sono arrivati Valentina e Francesco, che hanno fissato al muro la libreria, il Pax, il pensile del bagno. Stamattina Enrica e Annamaria mi hanno dato una mano a sistemare la libreria. Chiara mi ha inviato un progetto per la mia cucina che comprende un divanetto a muro proprio come lo ha Lisa Eldrige, Roberta mi ha aiutato nella scelta della moodboard per il mio bagno (nero, verde e legno chiaro).
Nei giorni in cui ero all’Ikea ferma di fronte agli scaffali, immemore di me, sprofondata nell’incertezza, ho riletto i messaggi di Silvia e mi sono sentita più leggera. Non vedo l’ora di far vedere questa casa alla Gonzi. E Francesca è stata la persona a cui ho chiesto: vieni a vedere la casa perché non so se prenderla?
Tutte queste persone le ho conosciute online: hanno blog interessanti, producono oggetti stratosferici e li vendono sul web, fotografano cibo che ti mette la fame, scrivono testi che vuoi continuare a leggere. Sono persone che sul web hanno un’anima, e che offline non esitano a offrire braccia e supporto. Sono diventate persone che posso baciare anche da sudata, con cui posso mostrarmi con la maglietta al contrario o la pedicure da rifare, sono persone a cui chiedo aiuto d’istinto.
Questa è la rete nel 2015: il modo più facile di conoscere persone da abbracciare anche quando non profumi di gelsomino.
Ti voglio bene.
Sarà un bel futuro.