Io in Salento non c’ero mai stata prima di un mese fa, e fino alla fine ero indecisa se andarci: a febbraio ero stata invitata a un blogtour di cinque giorni insieme a una ventina di Instagramers, il #SalentoUpndown.
Avrei dovuto lavorare e terminare il libro sugli eventi mentre ero in Salento, e in più la prospettiva di passare cinque giorni insieme a un gruppo così numeroso mi costringeva a fare appello alla mia labile capacità di adattamento alle folle: alla fine sono partita, e per quanto sia rincasata stanca e ricolma di occhiaie, sono tornata entusiasta di esserci stata.
Del #SalentoUpndown vi racconterò solo la parte food: il progetto, ideato dal Laboratorio di eGoverment dell’Università del Salento e Instagramers Lecce, è stato concepito come un tour i cui contenuti venivano convogliati in tempo quasi reale sul sito www.xupndown.com. Il tour prevedeva diversi settori: moda, sport, food e ovviamente travel.
In cinque giorni abbiamo percorso centinaia di chilometri e visitato paesi, coste, zone interne, cave, fari, musei che svelavano un paesaggio eterogeneo, in una zona della Puglia capace di assomigliare alla Grecia, parlare come la Calabria e sembrare la Scozia (nella zona di Castro, nella costa orientale, caratterizzato da scogliere e rilievi stagliati su un mare trasparente): come per tutta l’Italia turistica, anche il Salento non sfugge alla ricostruzione tagliata per chi cerca la cartolina, ma nello stesso tempo è evidente l’intelligenza di persone che cooperano per creare un sistema di accoglienza valorizzando risorse e eccellenze locali.
Ecco i miei tips.
Agriturismo TerreAmare
L’agriturismo TerreAmare si trova vicino Porto Cesareo (LE) ed è il coup de foudre in cui avrei voluto restare per sempre: una distesa di ulivi al cui centro si trova un complesso di piccole casette bianche, ognuna delle quali ospita le camere da letto: bianchissime, arredate tra design e artigianato, silenziose e comodissime. TerreAmare ospita un negozio di gastronomia, una biblioteca, dei corsi di cucina ed è il figlio di quattro amici, diventati soci (di cui Valentina che lavorava alla Ferrero) e che hanno consegnato la cucina ad Antonio e Antonietta, i genitori: qui è dove ho imparato come fare la “Laiana ritorta” (in italiano la lasagna incannulata), ho scoperto i Passaricchi (la pastina piccolina da usare insieme al baccalà in brodo vegetale) e i Pizzarieddhri (maccheroncini con sugo di carne o formaggio e ricotta). Un posto bellissimo, ricco di energia, speciale.
I ristoranti di Felline(LE)
Felline è un paesino minuscolo con tre ristoranti che meritano una sosta, e anche più di un ritorno: in comune hanno la fortuna di prosperare in un territorio di ingredienti eccellenti e l’abilità nel selezionarli.
Antico Monastero in Piazza Castello
Mentre il gruppo era in piazza a scattare foto, mi sono letteralmente intrufolata nelle cucine del ristorante, dove la cuoca Antonella De Vitis terminava la preparazione del polpo in crosta: da qui a chiederle la ricetta è stato un attimo. Antonella parla sommessa, quasi incredula dell’attenzione verso il piatto che ha preparato: la sua è una cucina semplice, tradizionale, consapevole della stagionalità (Lo sapete che il periodo migliore per acquistare il polpo è in autunno?)
Per il polpo in crosta Antonella lo fa così: soffriggete cipolla e aglio, unite il polpo crudo passato 24 ore in congelatore tagliato a pezzetti, aggiungete un po’ d’acqua e fate assorbire. Sfumate col vino, unite le patate e gli aromi (origano, rosmarino alloro, pepe e prezzemolo). Versate del pomodoro (fresco o in passata) e portate a cottura.
Per la crosta: fate un impasto di farina, acqua, sale, lievito, rivestite la cocotte con il polpo e le patate, spennellate con albume e origano e terminate la cottura in forno per circa 10 minuti.
Ristorante Posto Divino in Piazza Castello
Fabiano Viva, il cuoco del Posto Divino, è la persona che mi riporta nella cucina di mia nonna: come lei, anche Fabiano prepara la pasta fresca (in questo caso le Laiane ritorte) con sugo e della carne. Usa il cappello del prete (la paledda in dialetto): la pasta non viene mantecata, ma esattamente come mia nonna aggiunge un cucchiaio di sugo per non farla attaccare e sopra mette il resto della salsa con i pezzi di carne. Primo e secondo insieme. A proposito di carne, mi spiega che i due tipi di carne che più rappresentano la cucina salentina sono il cavallo e l’agnello.
Il Mulino di Alcantara in Piazza Caduti
Nella piazza del Mulino di Alcantara è stato allestito un tavolo che è un arcobaleno per gli occhi: gamberi rossissimi, pomodori gialli, marmellata nere di olive.
Il cuoco ha preparato dei piatti di assaggio (e nessuno fa complimenti): pasta impastata con passata di olive celline della zona di Nardò, condita con passata di pomodori gialli biologica di Casarano e gamberi rossi di Gallipoli. Dolcezza, una punta di acidità, e tutta l’esplosione salina dei gamberi: uno spettacolo.
Poi c’è il dessert, che è una cheese cake alle olive: la base è uno streusel di mandorle, su cui sono appoggiate tre bavaresi (vaniglia, arancio e cioccolato bianco, alle olive) e marmellata di olive. Sono sempre le olive celline, che in zona vengono lavorate con lo zucchero per i dolci: il retrogusto fruttato delle olive si combina con l’impatto zuccheroso, ed è subito dipendenza.
Hotel La Roccia a Castra (LE)
Imma e Fabio Pantaleo, sorella e fratello, lei in cucina e lui in sala, si presentano così: “ci piace scoprire noi stessi attraverso tutto quello che può raccontare il Mediterraneo”. In una visione di apertura e contaminazione, vanno alla scoperta del territorio ricettivi agli influssi del Mediterraneo, delle persone e dei viaggi che lo caratterizzano.
I fratelli hanno da poco preso in gestione l’hotel Roccia e il suo ristorante, e la cena che ci hanno preparato è stata quella che ha risvegliato la foodietrotter che è in me: gelatina di infuso di menta con mandorla fresca, sale, pepe, fiori eduli; trippa e vongole gratinate; puntarelle di cicoria con gnummareddu (involtini di interiora); crema di piselli con julienne di seppia; crema di barbabietola con cozza piccante: spaghetto con coulis di gamberi cotti in un infusione di tè nero; spuma di mortadella di Martina Franca (del Salumificio Santoro); curry vegetariano con naan (ricetta dell’aiuto cuoco che ha origini indiane); bonbon di cioccolato bianco ripieno di olive e fragole.
Quando gli chiedo se le persone del posto capiscono questo tipo di cucina, mi rispondono che i turisti accolgono più semplicemente questo tipo di cucina, e sono i turisti che aiutano a raccontarla ai locali: anche questa, in fondo, è contaminazione.
Ho scritto questo post a più di un mese dal tour: un mese di eventi, preparativi per il trasloco, panel in giro per l’Italia.
Tornerò a scrivere presto, per raccontarvi la mia nuova, bellissima cucina.